L'analisi

La transizione verde dell'Ucraina, nonostante la guerra

Il Paese, conosciuto per essere la seconda economia più energivora d'Europa dopo quella russa, vuole cambiare marcia e raggiungere la neutralità carbonica sfruttando l'eolico e il solare – Ma il conflitto, inevitabilmente, complica e non poco le cose
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Red. Online
21.10.2023 13:30

Diciotto mesi. E di soluzioni, all'orizzonte, non se ne vedono. La guerra in Ucraina continua. Dalle macerie, tuttavia, Kiev intende risorgere. Ripartire, anche. Di più, secondo il recente rapporto sulla ripresa del Paese – redatto dai ricercatori delle Università ucraine e dell'Università di Oxford – questa ripresa sarà verde, anzi verdissima. 

Come ribadisce l'Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, think tank che si occupa di sud-est Europa, Turchia e Caucaso, prima della pandemia e della guerra le emissioni totali di gas serra, in Ucraina, erano paragonabili a quelle di altri Paesi europei. Quantomeno, in termini assoluti. Tradotto: nei prossimi decenni sarà necessario, se non obbligatorio, uno sforzo importante in termini di decarbonizzazione. Soprattutto se Kiev dovesse entrare nell'Unione Europea: a quel punto, infatti, il Green Deal diventerebbe un riferimento vincolante. 

L'economia ucraina, prima della guerra, si basava sui combustibili fossili. Fino al 2014, il carbone rappresentava un terzo della fornitura totale di energia primaria del Paese. L'Ucraina, d'altra parte, vantava ampie riserve di carbone. Vantava, già, perché molte delle miniere si trovano nel Donbass. Una regione, de facto, controllata in larga parte dai filo-russi dal 2014. 

Di riflesso, la produzione di carbone fra il 2014 e il 2019 è diminuita di quasi il 60%. Costringendo Kiev a ricorrere alle importazioni. Se nel 2010 solo il 27% di carbone consumato arrivava dall'estero, nel 2019 – dati dell'Energy Information Administration statunitense – la percentuale è salita al 45%. Parallelamente, Kiev aveva pure annunciato il suo impegno a eliminare gradualmente il carbone entro il 2035. Un annuncio, questo, ante-guerra, fatto alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Glasgow, la COP26, nel 2021. 

Non solo, in un tentativo di affrancarsi (energeticamente) da Mosca nel 2016 l'Ucraina aveva smesso altresì di acquistare gas russo. 

Sforzi, questi, per certi versi vani nella misura in cui, nel 2020, i combustibili fossili rappresentavano ancora il 70% della fornitura totale di energia primaria dell'Ucraina. Qualcosa di buono, tuttavia, è stato fatto. E no, non parliamo dell'energia nucleare ma delle cosiddette rinnovabili. Che sono cresciute, come quota, nel mix energetico del Paese. I pannelli solari collegati alla rete, oggi, sono decine di migliaia. Non male, rispetto al nulla assoluto di poco più di dieci anni fa. 

Il punto, ora, è capire quanto la guerra abbia frenato questa spinta verde. O, meglio, se le strategie su questo fronte possano essere attuate.

Secondo gli esperti, come Kostiantyn Krynytskyi, a capo del dipartimento energetico dell'ong ucraina Ecoaction, quando Mosca ha cominciato a bombardare le infrastrutture energetiche dell'Ucraina, beh,  «l’espansione delle energie rinnovabili è diventata una questione di sicurezza nazionale». E ancora: «Il governo ha capito che abbiamo bisogno di un sistema energetico decentralizzato e che ci sono pochissime alternative alle energie rinnovabili, soprattutto se si considerano i costi del cambiamento».

E così, la domanda di pannelli solari dallo scoppio del conflitto è aumentata. Dal febbraio 2022, l'Ucraina ha installato più pale eoliche onshore dell'Inghilterra. Nonostante la minaccia russa, proprio così. Il potenziale, d'altro canto, è grandissimo. Stando all'Istituto per le energie rinnovabili dell'Accademia nazionale delle scienze dell'Ucraina, l'energia eolica potrebbe passare da 1,5 GW di capacità (dato del 2021) a oltre 100 GW. 

Il momento, insomma, è adesso. Il governo ucraino sta elaborando leggi e piani per la citata transizione verde. Anche, se non soprattutto, nell'ottica di integrare presto l'Unione Europea. Dicevamo del carbone: le centrali dovrebbero essere gradualmente dismesse entro il 2035. Il mix energetico, nell'immediato e nel futuro, sarà garantito dal nucleare, dal gas nucleare ma anche dal biometano e dalle rinnovabili, con aumenti significativi di eolico e solare. Che, combinati, costituiranno il 30% del mix energetico entro il 2030. La domanda, tuttavia, è sempre quella: riuscirà l'Ucraina a raggiungere i suoi obiettivi con una guerra in corso?

Il rapporto dei ricercatori delle Università ucraine e dell'Università di Oxford, al riguardo, sembra suggerire che il Paese, tanto nell'immediato quanto in futuro, dovrà impegnarsi di più. E attirare migliori e maggiori investimenti. Solo il 33% degli investimenti proposti al momento da altri Paesi in Ucraina, infatti, è destinato a sostenere la lotta al cambiamento climatico. Il 6%, addirittura, potrebbe peggiorare il fenomeno. Peccato, verrebbe da dire, anche perché secondo le previsioni dell'Istituto di economia dell'Accademia nazionale delle scienze dell'Ucraina basterebbe un aumento del 5% degli investimenti – rispetto al modello prebellico basato sui combustibili fossili – per raggiungere una completa decarbonizzazione dell'economia entro il 2050.

Krynytskyi, a tal proposito, ha ricordato che la Russia ha preso di mira, con i suoi bombardamenti, le centrali a carbone. E che le compagnie private attive nel carbone andranno coinvolte in questo processo di transizione energetica. «Un aspetto fondamentale sarà coinvolgere le comunità carbonifere nel processo di pianificazione di questa trasformazione« ha spiegato Krynytskyi. »Queste comunità saranno le più colpite e svolgeranno un ruolo attivo nella transizione. Sarebbe un fallimento prendere una decisione senza il loro contributo. Includerli e considerare le loro raccomandazioni è fondamentale per un risultato positivo».

Il problema, gira e rigira, rimane appunto la guerra. Che non sembra destinata a finire presto. E che, detto delle centrali a carbone, ha provocato danni importanti anche al 30% delle centrali solari e al 90% di quelle eoliche. Parliamo di danneggiamenti, ma anche di distruzioni totali o occupazioni da parte dell'esercito russo.

L'ultimo aspetto da considerare è l'insufficiente efficienza energetica dell'Ucraina. Nonostante i notevoli progressi, resta un ampio, ampissimo margine per ridurre ulteriormente le emissioni utilizzando l'energia in modo più efficiente. In particolare, nei settori residenziale e agricolo. 

Vero, l'intensità energetica del Paese è diminuita più che altrove, in Europa, mentre la Russia nello stesso periodo è diventata ancora meno efficiente dal punto di vista energetico, ma i valori di Kiev sono ancora inferiori rispetto al resto del continente. Tant'è che l'Ucraina è la seconda economia più energivora d'Europa dopo quella russa. E il motivo è presto spiegato: Kiev ha ereditato un'industria di stampo sovietico, notoriamente inefficiente dal punto di vista energetico. 

Poco meno di un anno fa, circa il rapporto fra guerra in Ucraina e cambiamento climatico, Antonio Nucci, dottorando in comunicazione del cambiamento climatico presso l’Università della Svizzera italiana, riassumeva così la questione al CdT: «L’Occidente, e in particolar modo l’Europa, con questa guerra sta raggiungendo la consapevolezza che la dipendenza energetica dalla Russia è un guinzaglio non da sottovalutare. Di più, il sistema attorno al quale funziona il mercato dell’energia, presso la borsa di Amsterdam, segue regole proprie che, evidentemente, devono essere migliorate. Le famiglie e le aziende che, da un mese all’altro, hanno visto i loro costi di consumo aumentare esponenzialmente, sono quelle che pagano questa dipendenza energetica. Gli interventi diretti degli Stati, come il fondo da 200 miliardi di euro proposto in Germania, sono stati vitali per alcuni soggetti, ma non possono essere una soluzione permanente. Una soluzione potrebbe essere investire seriamente sulle rinnovabili». Ecco, le rinnovabili. Al netto dei combattimenti al fronte, l'Ucraina ora ha davanti a sé una chance enorme: ripartire o, meglio, allontanarsi una volta per tutte dal suo passato caratterizzato da un'alta, altissima intensità di carbonio. 

Questo articolo è stato redatto prendendo spunto da quanto pubblicato da Osservatorio Balcani e Caucaso in associazione con lo European Data Journalism Network ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0